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Il Castello

Roberto Vecchioni

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E se passate fate piano,
che fata dorme dal mattino
che l'uomo per la guerra le partì
e dietro la collina si sbiadì
e nel castello sopra il fiordo,
la luce sfiora per ricordo
le coppe che restarono cosi;
e il vento smuove le vetrate
e a volte un'eco di risate
un tempo risuonavano da lì
ma non passateci d'aprile
che non potreste più vedere
le rose come quando lui era qui;

E quando c'era lui le sale
erano piene mille sere
di gente e luci e scherzi di buffoni,
e feste fino all'alba e poi canzoni;
e lui stringeva fra le dita
la pietra verde della vita
e chi partiva sempre ritornò
tornò anche un figlio trovatore
scappato senza far rumore
per altre luci che poi non capì
e un drago fatto con la paglia
bruciava all'alba sulla soglia
perche il dolore non entrasse lì

- Tu che ne sai che passi e guardi -
di fata e tutti i suoi ricordi
del sogno che ha battuto la realtà?
la polvere si è fatta antica
e sul sentiero c'è l'ortica
ma fata non ci crede e non lo sa
ha fretta e l'abito è sgualcito
ma è la gran sera che ha aspettato
e il conto della sabbia è fermo già
e - lui che bussa e lui che torna qua,
e si riaccendono le luci
ad una ad una stanze e voci
e servi e cani ancora tutti là
è lui, sorride sulla porta
è lui lo stesso di una volta
ma chiede scusa e non l'abbraccerà
ha gli occhi stanchi, è sempre bello,
ma tiene addosso quel mantello
che non si toglie e non si toglierà.

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